Uno dei film più incredibili di Keaton, nel quale il geniale comico dall’espressione impassibile è un proiezionista aspirante detective che sogna di entrare e uscire dallo schermo cinematografico in un susseguirsi di gag surreali e irresistibili.
Sherlock Jr. segna
l’inizio di un acceso dibattito, che continua ancora oggi, sul
carattere surrealista dei film di Buster Keaton, al quale hanno preso
parte registi, filosofi e drammaturghi. Nel 1924, anno di uscita del
film, René Clair scrisse che per il “pubblico surrealista” Sherlock Jr. rappresentava un modello paragonabile a ciò che per il teatro aveva rappresentato Sei personaggi in cerca d’autore di
Pirandello. L’uso che Keaton faceva del sogno e dei raccordi – di cui
andò sempre molto fiero – fu definito rivoluzionario da Antonin Artaud e
Robert Aron, che nel suo saggio del 1929 intitolato Films de révolte sottolineò
come il surrealismo di Keaton fosse “superiore” a quello di Man Ray e
di Luis Buñuel, poiché Keaton era riuscito a conquistare la libertà
espressiva rispettando le regole del cinema narrativo. Lo stesso Buñuel,
che dagli inizi del 1930 programmò i film di Keaton al Cineclub Español
di Madrid, ne ammirava in particolare l’assenza di sentimentalismo, la
capacità di trasformare gli oggetti e l’uso del sogno. [...]
Ovviamente
nelle interviste Keaton si diceva interessato "solo a far ridere", ma –
come osserva Walter Kerr – questo non lo rende un teorico del cinema
meno brillante, soprattutto in Sherlock Jr.: “nel suo vertiginoso
film-dentro-un-film illustra i principi della continuità e del
montaggio in maniera più vivida e precisa di quanto siano mai riusciti a
fare i teorici del cinema. Ma l’analisi non sta nella testa di Keaton.
Sta nel film, è al film che lavorava, e la teoria prendeva forma dal
corpo, dalla macchina da presa, dalle dita, da un paio di forbici”.
(Cecilia Cenciarelli)
Mi è piaciuto girare Sherlock Jr. È
un film molto adatto a me. È stato forse il più difficile per via di
tutti quei trucchi e degli effetti speciali che ci hanno richiesto
davvero molto tempo. Il film partiva tutto da lì: un proiezionista di un
cinema si addormenta, mescolando le sue vicende a quelle dei personaggi
sul grande schermo. Il mio compito consisteva nel trasformare i
personaggi del film sullo schermo con quelli della mia storia, così
avevo una trama. Ora, far funzionare il tutto era un altro paio di
maniche. Ma dopo l’uscita di Sherlock Jr., ogni cameraman
impiegato a Hollywood passò serate intere per cercare di capire come
avessimo realizzato quelle scene. Credo che il motivo per cui decidemmo
di andare avanti con la storia è che avevo a disposizione il miglior
cameraman in circolazione, Elgin Lessley. Elaborammo insieme i numeri,
alcuni venivano dall’epoca del vaudeville. Di solito preferisco i
‘trucchi veri’ agli effetti speciali, ma ne ho imparati tanti negli anni
e per Sherlock Jr. immaginai delle gag che ne utilizzassero il
più possibile. Spiegai al tecnico che avrebbe realizzato le scenografie
cosa costruire e cosa avevo intenzione di fare. Quando mise tutto
assieme tornò da me e mi disse: “Non puoi raccontare una storia così, è
piena di trucchi, di gag impossibili, di magie degne del mago Houdini…
devi far accadere tutto in un sogno”.
(Buster Keaton intervistato da Christopher Bishop, 1958)
(La palla n° 13, USA/1924)
Regia: Buster Keaton
Sceneggiatura: Jean Havez, Joseph Mitchell, Clyde Bruckman Fotografia: Elgin Lessley, Byron Houck
Scenografia: Fred Gabourie
Interpreti: Buster Keaton (il proiezionista / Sherlock Jr.), Kathryn McGuire (la ragazza), Joe Keaton (il padre della ragazza / uomo sullo schermo), Erwin Connelly (il tuttofare / il maggiordomo), Ward Crane (il ladro)
Produzione: Joseph M. Schenck per Buster Keaton Production
Durata: 45’
Restaurato nel 2015 da Cineteca di Bologna e Cohen Film Colletion presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata