ITALIA, FRANCIA - 2019 - 82 min.
Produzione: CHRISTOPHE JANKOVIC, VALÉRIE SCHERMANN PER FRANCE 3 CINÉMADistribuzione: BIM
Leonzio,
il Grande Re degli orsi, conduce il popolo dei plantigradi dai monti
alla pianura abitata dagli uomini. Non lo farebbe, se non dovesse
ritrovare il figlio Tonio, da tempo perduto ma mai dimenticato, e far
fronte ai rigori dell’inverno. Riusciranno Leonzio e i suoi a
sconfiggere il malvagio Granduca, sopra tutto, riusciranno a convivere
pacificamente con gli umani?
Nomi e azioni accenderanno una lampadina nelle vostre teste, e non è un falso contatto: La famosa invasione degli orsi in Sicilia,
prima di essere un film d’animazione diretto da Lorenzo Mattotti, è un
romanzo scritto e illustrato da Dino Buzzati, e pubblicato prima a
puntate sul Corriere dei Piccoli e quindi in volume nel 1954.
Buzzati vi trasponeva l’abituale opposizione montagna/pianura, ovvero
grazia e viltà, purezza e corruzione nell’alveo del racconto per
bambini, ponendo l’accento anziché sul pedagogico o l’edificante sul
piacere della narrazione e, dunque, della nostra lettura: l’adattamento
di Mattotti, rinomato e lodato fumettista e illustratore, gli rende
grazia?
In cartellone nella sezione Un Certain Regard di Cannes 2019,
co-produzione Francia (maggioritaria) e Italia (Indigo), nel cast vocale
Toni Servillo (Leonzio), Antonio Albanese, Linda Caridi, Corrado
Guzzanti e Andrea Camilleri, La famosa invasione degli orsi in Sicilia cambia
qualcosa rispetto al romanzo - per esempio, il cantastorie e Almerina
non ci son - e accompagna a qualche buona trovata visiva un’uniformità
di tratto e atmosfera, dunque racconto, non sempre all’altezza
dell’originale buzzatiano.
Non tanto nel rispetto della naïveté dei disegni dello scrittore,
esplicita, ma nell'afflato umanista complessivo: manca il colpo d’ala,
l’invenzione specialissima, e una certa medietà sembra farsi cifra
estetica, e poetica.
Preziosa la riflessione sullo straniero, l'invasione, la contaminazione
(identitaria e morale) e la - possibile? - convivenza, soprattutto di
questi tempi, ma alcune scelte, proprio all’insegna della via di mezzo,
lasciano da subito perplessi: perché, per dirne una, gli orsi non
lasciano le proprie orme nella neve e, al contempo, la sollevano?
Non è la nostra un’invocazione dei realismo o verosimiglianza, né
sofisma, ci mancherebbe, ma il segno di una trasfigurazione incompiuta e
una raffigurazione dimezzata: Mattotti, regista, co-sceneggiatore con
Thomas Bidegain e Jean-Luc Fromental, nonché creatore artistico, osa
forse meno del dovuto, sembra accusare un complesso d’inferiorità al
cospetto di Buzzati, che – sottolineiamo – illustrò in proprio marcando
il territorio visuale, e si risolve in una parafrasi.
Puntuale, compita e onorevole, ma la poesia c'è o meglio, siamo buoni, c'è sempre?