RADICI

SABATO 22   GIUGNO

spettacolo unico ore 21.15


INCONTRO CON

LUIGI M. FACCINI  regista
MARINA PIPERNO produttrice

Anteprima Rassegna "IL CINEMA DEL DIAVOLO"

in collaborazione con Seravezza Blues Festival




Regia: Luigi M. Faccini
da un'idea di Marina Piperno
Con: Ambrogio Sparagna, Tenores di Neoneli, Orlando Mascia, Antonio Gramsci jr., La Squadra di Genova, Mauro Manicardi, Caterina Pontrandolfo e il meraviglioso repertorio etnico del Istituto LUCE.


Si chiamava Alan Lomax l’etnomusicologo americano, di antiche origini italiane, che del suo viaggio di ricerca in Italia compiuto nel 1954-55 disse: “l’anno più felice della mia vita”. Appena diciottenne, nel 1933, e quale assistente del padre, etnomusicologo affermato, si era misurato con i suoni e le voci dei neri nel delta del Mississipi, successivamente salvando dall’oblio i canti di coloro che non avevano ancora perduto la disperata memoria della provenienza africana, dentro una schiavitù abolita per legge ma non tradotta in una reale integrazione, soprattutto negli stati del sud. Già nel 1940 era un gigante dell’etnomusicologia.

Quando nel 1954 arriva in Italia Lomax ha quasi trentanove anni. L’Italia ricominciava a vivere e lui si innamora di quella gente affamata e stracciona che ricostruiva dalle fondamenta un paese distrutto dalla guerra, che allontanava da sé i fantasmi del fascismo confidando nelle ipotesi etiche della costituzione repubblicana. Lomax era anche un antropologo, un poeta, un fotografo magistrale. Volle possedere quel paese, ed esserne posseduto. Ci riuscì.

Il suo compagno di avventura fu Diego Carpitella, trentenne etnomusicologo calabrese che aveva già ricercato e registrato in Lucania e tra le minoranze albanesi nel 1952, con l’antropologo De Martino. Incominciano dalla Sicilia, intrufolandosi dappertutto ci siano voci, canto, strumenti di lavoro all’opera, piazze affollate attorno a qualche puparo che smercia storie di eroi e spade per poche lire. Dal furgone Volkswagen, il mitico “Bulli” sul quale viaggiano, scaricano il pesante Magnecord PT-6 e registrano dopo aver identificato gli spunti sonori che più sembrano nuovi e curiosi. Lomax è un disinvolto suonatore di chitarra e non esita ad usarla per coinvolgere qualche riottoso. “U’ Mericano”, come lo chiamano, è un ragazzone alto, robusto, pronto alla risata, attratto dalla vita effimera che sgorga improvvisa da corpi e gole talentuose, spesso incapaci di ripetere, nella stessa maniera o migliorandola, ciò che hanno detto o cantato. C’è qualcosa di selvaggio nella vita che Lomax insegue. Ne viene conquistato e travolto.

Viaggiando con Carpitella per i primi tre mesi, da solo in alcune regioni italiane, incontrando i contadini, i pescatori, i portuali, i cavatori, la gente di strada, che gli consegnano la propria espressività e i propri sentimenti, individuali e comunitari, i contenuti di una vita sotterranea che non è mai emersa al livello della discografia ufficiale, Lomax coglie l’asprezza musicale delle nostre radici, come ha fatto con il blues del basso Mississipi, e salva l’anima di un paese che sta per essere sommersa dalle trasformazioni economiche e sociali connesse alla ricostruzione post- bellica e nel successivo boom economico, passando da una specificità soprattutto agricola ad una soprattutto industriale.

Storia curiosa! Da un lato l’America vincitrice, che, con i suoi alleati, ci ha liberato dall’occupazione tedesca, e con i piani ERP e Marshall ci include nella sua area di influenza economica, politica e culturale; dall’altro un giovane americano, ma di origini italiane, che salva la vitalità e la memoria di ciò che sta per essere cancellato da una americanizzazione sorridente e conquistatrice. Che fine farà quella meravigliosa raccolta musicale? Pubblicata in America nel 1957, con la Columbia, dovette aspettare il 1973 per vedere la luce anche in Italia e con un piccolo editore proveniente dal mondo della canzone sentimentale, Gianni Meccia. Ritardo inquietante e inspiegabile, tanto più che il frutto di quella raccolta appassionata era diventato “repertorio” e matrice di un folk revival imponente negli immediati anni ‘60 e ’70…
Come raccontare, oggi, quel irripetibile “viaggio in Italia”? Come far rivivere quel nostro paese, ormai sconosciuto alla stragrande maggioranza della nostra popolazione? Come riappropriarsi della vitalità perduta di quella nostra gente, arricchendosi di quelle identità soffocate se non addirittura negate?

Il film RADICI risponde a queste domande e riafferma la vitalità odierna della musica popolare italiana!

ITALIA - 2019 - 75 min.

Produzione: ISTITUTO LUCE CINECITTA'

DistribuzioneISTITUTO LUCE CINECITTA'